lunedì 19 luglio 2010

Il senso civico e la lotta delle formiche



Buongiorno. Sono il signore che paga il biglietto del tram. La volontaria che assiste gli anziani soli. Il cittadino che non evade le tasse. La signora che chiede per favore. Il pensionato che fa la coda negli uffici. La dirigente che sa ascoltare. Il medico che non guarda l’orologio. L’artigiano che non bara sui conti. Lo studente che non crede alle lotterie.
Io non sgomito. Non appaio. Non cerco scorciatoie. Non mi arrendo. Lavoro a volte anche per gli altri. Mi fermo sulle strisce. Non getto mozziconi nelle strade. Aspetto il mio turno per parlare. Non parcheggio sul marciapiede e neanche in seconda fila. Faccio il mio dovere. Studio, perché penso sia importante per vincere i concorsi. Vado a votare e non al mare. Mando i miei figli alla scuola pubblica. Non penso a veline o tronisti. A volte inseguo le mie passioni..
Lettere dal Paese dei Nessuno, dall’Italia dei (cittadini) dimenticati che scrivono ai giornali per avere una speranza e riassumono il declino di un vivere comune, intaccato da una terribile domanda: ma chi te lo fa fare? Giovani che si spaventano: «Ho paura per il futuro mio, del mondo, di tutti, non riesco a vedere il prosieguo della storia che il presente ci sta raccontando» (Martino, vent’anni). Anziani che si deprimono: «Sono avvilita, disgustata. Tutti rubano, tutti mangiano, tutti si fanno appoggiare o raccomandare. Se non sei così ti tagliano fuori » (Barbara, settantacinque anni). Ragazzine che si interrogano. Come Giulia. Storia esemplare che non fa notizia, ma indica il retropensiero che aleggia su di noi quando prendiamo un impegno: ne valeva la pena?
Per tutto l’anno, finite le lezioni, due volte la settimana, Giulia si fa cinquanta chilometri per frequentare la scuola di ballo più famosa d’Italia. E dopo due ore alla sbarra e cinquanta chilometri di ritorno, è di nuovo a casa a fare i compiti. È brava, in classe e nella danza. Non ha tempo per playstation, Xbox, non si stordisce davanti alla tv. La vedi in giardino alla prima chiazza di sole esercitarsi nei passi e nelle ruote: su una mano, su due mani, di lato. Se riuscirà a continuare sarà ammessa alla frequenza quotidiana: vorrà dire la scuola, poi cinquanta chilometri, la lezione alla Scala, altri cinquanta chilometri, i compiti e così via, salvo i giorni delle prove per gli spettacoli, quando sarà impegnata fino a sera. Per anni e anni, ogni anno nel timore di non passare: pena l’esclusione dalla scuola di danza.
Già da ora qualche amica comincia a non capire. Si domanda il perché di tanto impegno, tanto stress, tanta fatica. Si chiede perché Giulia si diverta ad andare avanti e indietro rinunciando a molte cose divertenti, quando basta apparire in una trasmissione tv o ancheggiare un po’ per raggiungere lo stesso obiettivo: uscire dalla mischia, avere un posto in prima fila. Si spendono milioni di euro in tv per valorizzare pupe, veline e anche velone. E si sbeffeggia più o meno involontariamente chi ha scelto un impegno, chi fa coscienziosamente il proprio lavoro. «Pagano ancora il sacrificio, lo studio, la fatica in questo Paese?», è la domanda che Giulia invia nel pozzo delle mail, cercando una non scontata risposta.
C’era una come lei una volta a Milano. Era figlia di un tranviere. Coi sacrifici e con il talento è diventata Carla Fracci. Ma non c’è più il futuro di una volta, scrivono oggi i writer sui muri. Nel paradosso temporale di un graffito il semiologo Francesco Casetti legge il bisogno di un’aspettativa non banale. «Si invoca il futuro, che non c’è ancora, non a partire dal presente, ma dal passato che non c’è più. Ieri c’era il senso del domani: oggi questo senso manca. E si deve andare a ciò che non c’è più (lo ieri) per poter recuperare ciò che non c’è ancora (il domani)».
Bisogna affidarsi alla memoria, allora, perché le opportunità non stanno nell’orizzonte geografico dei vari Nessuno che rumoreggiano dalle caselle della posta. Rispetto a ieri, la ragnatela di intrallazzi ha inquinato l’aria e ristretto i confini del galateo civico, come ha scritto Sergio Romano. «Il declivio del nostro vivere comune è intaccato dai comportamenti scorretti, a volte spregevoli, diventati prassi abituale», è la tesi di Maurizio Viroli, che alla decadenza delle buone pratiche ha dedicato una lunga riflessione e un libro dal titolo esplicito (La libertà dei servi, Einaudi).
«Quando si dirà che c’è un Paese anche per i Nessuno che tirano la pialla?», sollecita una dottoressa che a quarant’anni ha strappato il contratto definitivo di assunzione. Le donne in medicina faticano parecchio a trovare un posto, scrive: quando sono brave e competitive, non allineate allo standard della rampante o dell’amica del boss, le stroncano subito. Se hanno dei figli vengono penalizzate. Se si danno troppo da fare vengono redarguite. Se non si allineano, sono emarginate. Il mobbing nei reparti è prassi abituale. Senza sponsor politici negli ospedali difficilmente si fa carriera...
Si vagheggia un new deal civico, la scoperta di nuovi eroi. Si chiede un sussulto alla politica. Massimiliano Panarari, docente di Scienze politiche all’Università di Modena (L’Italia da Gramsci al gossip, Einaudi) profetizza l’abbattimento dell’impasto micidiale che alimenta la sottocultura e l’antipolitica. Ma non a breve: «La visione del mondo in Italia è basata troppo sull’irrealtà». Lo psichiatra e scrittore Vittorino Andreoli è ancora più scettico: «Io ho paura che questa società non si domandi più nulla, chieda solo e soltanto tecnologia: la tecnologia svuota, modifica i comportamenti, ci indica quel che serve a sopravvivere bene ma non risolve il senso della vita. A poco a poco stiamo diventando dei primitivi tecnologizzati in una civiltà dell’ingiustizia».
Poveri Nessuno, abbarbicati alla speranza di un Paese normale dove buongiorno, come diceva Zavattini, vuol dire davvero buongiorno. Formichine inattuali nel generale appiattimento verso la società della convenienza, che rischiano di essere schiacciate tra scarpe gigantesche e pietraie desolate, come immaginava vent’anni fa Anna Maria Ortese in un memorabile racconto milanese. Un bimbo, scivolato per disgrazia sotto le ruote di un tram, che offre al padre angosciato una riflessione fulminea sul senso della vita: «Noi siamo come le formiche, vero, papà?».
Bisogna forse dire «Basta!», come fa il designer Giancarlo Iliprandi che dal Politecnico di Milano teorizza un movimento culturale per cambiare aria e mette tra i capifila un grande centenario come Gillo Dorfles. «Basta a quello che non ci piace/ Basta senza sporcare i muri/ Basta per comunicare la voglia di cambiare».
O chiamarsi fuori, come Luca Goldoni, investigatore di lungo corso dei comportamenti nazionali, che a un certo punto si è reso conto di non abitare più nello stesso Paese in cui era nato. «È successo quando ho letto di una telefonata intercettata tra l’amica di un politico e un’ex compagna di classe in attesa di un provino tv. "Non c’era verso di farmi dare un contratto", diceva una. E l’altra: "E come hai fatto a ottenerlo?". "Non c’era modo di convincerlo". "E allora?". "E allora gliel’ho data"».
Non importa chi sei, ma chi conosci, si filosofeggia dai blog studenteschi. Servirebbe un antivirus alla cultura della convenienza, «perché se non ricostruiamo una società fondata sui doveri reciproci non sapremo nemmeno più godere dei nostri diritti », spiega Viroli. Servirebbe qualche gesto di coraggio in un Paese ricattato dall’egoismo e dalle cricche. «Cominciamo a difendere i Nessuno mettendo qualche sassolino nelle scarpe dei grandi — dice don Antonio Mazzi, fondatore di Exodus — e facciamo qualcosa per le vite di scarto, magari scuole per i bocciati da questo sistema poco umano, come don Milani a Barbiana». Esempi, responsabilità, impegno, pulizia morale: l’unico parametro legalmente riconosciuto non può essere quello del denaro, scrivono in tanti. Poi un cittadino indignato lascia cadere una domanda. «Chi è arrivato in alto con gli intrallazzi, può avere soprassalti morali?». Noi, come le formichine della Ortese, dobbiamo sperare. Ma è legittimo dubitare.


Giacomo Schiavi


18 luglio 2010

martedì 29 giugno 2010

Svendite a Cassola prima del tempo

E' in atto una svendita di Bat Box a Cassola.
Proteste da parte dell' APAC (Associazione Pipistrelli A Cassola)

Il tentativo è quello di fare cassa per cercare di ultimare i lavori dell'Acquapark.
La ditta costruttrice avrebbe difficoltà economiche e la fideiussione firmata dal Comune potrebbe mettere in seri guai economici l'ente.

Quindi inizio svendite a Cassola anzitempo.


Faremo l'elenco dei beni in svendita nei prossimi post.
Vibrante e sentita protesta dei commercianti

venerdì 25 giugno 2010

Piscine pubblicità a Cassola

Spunta una pubblicità di piscine a San Giuseppe di Cassola.
E' la pubblicità dell'Acquapark di Cassola tanto promesso dalla famiglia Pasinato?.
NO!
E' la pubblicità delle piscine di Rosà.
Nessun commento.

Per i cittadini di Cassola tutto OK.

domenica 13 giugno 2010

Elemosina a Bassano

Un candidato a sindaco perdente assieme a un ex assessore al bilancio di Bassano hanno intenzione di aprire il proprio Ufficio nel nuovo centro commerciale a Cassola lungo la statale che conduce a Rosà. (per intenderci sopra Schiavotto)
Sembra che la metratura del nuovo Ufficio sia di 500 metri quadri.
Avete idea quanti sono 500 metri quadri di ufficio?
Più di due campi da tennis messi assieme.

Dopo la campagna condotta contro i mendicanti da giovani politicanti padani e da qualche giornalista a corto di notizie, consigliamo ai poveri di Bassano di cambiare zona.
Dovrebbero recarsi all'uscita del nuovo Ufficio dei due professionisti ed aspettare.
Chissà che viavai di clienti danarosi dal cuore generoso.

Con i tempi che corrono è sempre meglio chiedere l'elemosina fuori da un centro commerciale che sulle scale di una chiesa piena di debiti

sabato 5 giugno 2010

Zorro a Bassano, città con bassa qualità della vita


Bassano del Grappa, sabato 5 giugno 2010 ore 12.30
Località: via XI febbraio - liceo Brocchi.
Situazione traffico: ingorgo
Inquinamento da polveri sottili: sopra il livello di sicurezza.
Considerazioni. Il palazzo che vedete in foto è costituito da decine e decine di appartamenti. Oggi questi appartamenti sono in gran parte ancora invenduti.
Ma se decine e decine di famiglie andranno ad abitare in questo agglomerato cosa succederà nelle ore di punta?

DOMANDE
Chi ha concesso l'edificabilità?
Chi ha pianificato il piano di viabilità in questa zona?
Chi ha pianificato la concentrazione di scuole ( e quindi studenti) in questa zona?
Quali sono gli impatti ambientali per la salute e la sicurezza degli abitanti e fruitori delle strutture in questa zona?
E' questa la qualità della vita a Bassano voluta dalla vecchia e nuova amministrazione?
Fuori i nomi e cognomi....................... che li mandiamo a casa!!!

mercoledì 2 giugno 2010

I Berlusconi varano. PDL di Bassano non commenta.



Mentre a Roma Silvio Berlsuconi varava una manovra da 24 miliardi di euro, Ancona Piersilvio Berlsuconi varava il nuovo yacht da 37 metri, un «Custom line 124», da 18 milioni di euro realizzato dai cantieri del gruppo Ferretti.
Assessore regionale per il lavoro, assessore provinciale per il lavoro avete qualche commento?

domenica 30 maggio 2010

Giunta mette il cappello sul Circolo Generazione Italia a Bassano


FINALITÀ
1. Generazione Italia vuole essere un aggregatore intergenerazionale rivolto a tutti coloro che hanno voglia di impegnarsi per l’Italia, con un’attenzione particolare ai giovani che non vogliono limitarsi a subire il futuro del loro Paese ma hanno il coraggio e la passione di immaginarlo.

Il Presidente del nuovo circolo è l'Ing. Stefano Giunta al quale chiediamo quale sia il nesso tra
1) "Bassano città Aperta" (centro sinistra)
2) "Forza Italia" (centro destra)
3) "AN" (destra)
4) "Bassano con Giunta" (con PPE)
5) "Lista Cimatti" (con Partito Democratico)
6) "Circolo Generazione Italia" (destra)

Dopo 20 anni di liste amministrative, Giunta rappresenta ancora il futuro di Bassano?
O forse stiamo parlando di "grigio ciliegia"?

Per chi non capisce l'ironia: http://www.youtube.com/watch?v=V8byPbLUbsk

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E' necessario ricolorare Bassano.